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Parole straniere - Lingue forti e deboli

Fino alla metà del secolo scorso le lingue delle "grandi nazioni" potevano facilmente dividersi in "deboli" e "forti", con una storia a sé costituita dal russo, lingua importantissima come idioma pan-slavo e dell'URSS in genere, ma debole altrove. Adesso la lotta pare essersi ristretta all'inglese contro il cinese (o forse più propriamente il mandarino), con la prima lingua in assoluto vantaggio, almeno per il momento e per quanto sia dato prevedere anche nel prossimo futuro. Comunque, per essere chiari, le lingue forti sono quelle che tendono ad essere parlate anche fuori dal proprio paese. Questo articolo è indispensabile per capire, almeno in parte, la nostra ossessione per l'inglese.

 

Vediamo quindi quali sono state, nel secolo scorso (il 1939, anno di inizio della seconda guerra mondiale, è una data comunque dirimente) e poi fino ad oggi, le lingue forti.

 

 Francese

Iniziamo da quella che per secoli è stata la lingua forte per eccellenza: la lingua dei regnanti, dei nobili, dei commerci e dell'intellighenzia (e sì, abbiamo usato l'adattamento di una parola russa...) mondiale. Noi italiani, poi, siamo sempre stati particolarmente francofoni: il modo più elementare per verificarlo è dare un'occhiata alle nostre pubblicità fino al primo dopoguerra, piene di francesismi e con gli anglicismi totalmente assenti. Un favore ed una conoscenza che sono comunque andati costantemente a decrescere. Ciononostante negli anni '10 di questo secolo un presidente francese si è pubblicamente compiaciuto trovando il terzo presidente del consiglio italiano di seguito (si sa, da noi cambiano frequentemente...) che parlava francese, e disse che eravamo l'ultima grande nazione con cui poteva parlare la propria lingua. Non ricapiterà più tanto facilmente.

 

I francesi hanno vinto l'ultima guerra mondiale, ma la percezione internazionale prevalente è stata che i veri vincitori (dell'occidente, ben inteso) siano stati gli americani e gli inglesi, seguiti dagli altri paesi del Commonwealth. Questo con buona pace dei francesi e di tutte le altre popolazioni che contribuirono, alcune non poco, alla vittoria degli alleati.

 

Dopo la guerra il francese perse molto rapidamente il ruolo dominante precedente, e nonostante l'ampia diffusione dovuta a colonie, ex-colonie e possedimenti d'oltremare, oltre alle altre nazioni francofone, in breve si trovò ad essere una lingua semi-forte, tendente al debole. "The winner takes it all" avrebbero cantato gli Abba pochi anni dopo, scegliendo l'inglese al posto del debole svedese, e non prendendo ovviamente in considerazione il francese: "Chi vince prende tutto", anche l'onore di imporre la propria lingua. L'esempio più chiaro è dato dal fatto che prima della seconda guerra mondiale gli anglofoni all'estero dovevano parlare la lingua del posto o il francese per essere capiti, adesso sono i francesi a dover ricorrere all'inglese. Va comunque detto, come vedremo, che la difesa della lingua francese da parte del loro governo è stata ed è tutt'ora strenua, con diversi successi. Ma è facile prevedere che si tratti di una guerra persa in partenza (anche se magari saranno gli ultimi a cedere).

 

 Inglese

E' la lingua scelta per ogni comunicazione internazionale: punto e basta. Quando si deve concordare una lingua terza per intendersi, difficilmente la scelta è diversa. E' "la" lingua forte.

 

 Spagnolo

E' una lingua fortemente emergente, la seconda per madrelingua al mondo (dopo le varie declinazioni cinesi), per molti è una seconda lingua, e può essere compresa con maggiore facilità di qualunque altra dai madrelingua portoghesi e italiani. Sono lingue simili, così che all'estero, in particolare tra italiano e spagnolo, fanno veramente molta confusione, una situazione con cui quasi tutti noi abbiamo avuto modo di confrontarci, anche più volte. I lingua madre spagnola stanno prendendo via via sempre maggiore consapevolezza di questa loro forza, e da lingua debole che era è diventata una che punta sempre più decisamente verso il forte.

 

 Italiano

Fino all'inizio della seconda guerra mondiale la nostra era una lingua decisamente forte, ora è una lingua debole. Fino al 1939 l'italiano era una lingua dominante nel mediterraneo: tutte le sponde slave e albanesi dell'adriatico, le isole greche, la Corsica, i maggiori centri nordafricani (in particolare in Tunisia, ma anche in Egitto e, ovviamente, in Libia) erano luoghi con una forte presenza italiana e dove comunque era facile comunicare nella nostra lingua. C'era poi l'Africa Orientale Italiana e infine, non ultime per importanza, le Americhe, dove milioni di nostri emigranti ancora di prima e seconda generazione tenevano vivo l'uso della nostra lingua, nonostante la presenza dei troppi dialetti rendesse difficile perpetrarne l'utilizzo. Poi intervenne la provvida (visto con chi ci eravamo schierati) sconfitta nella seconda guerra mondiale, l'esodo degli italiani del mediterraneo verso la madrepatria o l'estero, e l'inizio da parte di molti di un complesso d'inferiorità irrisolto... E a questo punto la strofa degli Abba, per noi, possiamo pure citarla per intero:

The winner takes it all
(Il vincitore prende tutto)
The loser's standing small
(Il perdente resta lì piccolo piccolo)
Beside the victory
(A far da corollario al vincente)
That's her destiny
(Questo è il suo destino)

 

 Tedesco

Il tedesco è sempre stata una lingua debole, che attualmente, però, gode di relativa forza (ma esclusivamente in Europa) dovuta non tanto o non solo alla potenza economica della Germania, come si potrebbe pensare, ma all'enorme numero di persone che lo parla come lingua madre o anche straniera.

 

La lingua tedesca, però, è sempre stata forte da un altro punto di vista che a noi è sempre mancato: la convinzione di appartenere ad un unico (in tutte le accezioni) popolo e la ferrea volontà di salvaguardarne le tradizioni. Nonostante i dialetti tedeschi siano paragonabili ai nostri per varietà ed intellegibilità reciproca, questo non è mai stato un ostacolo, tanto che l'uso della lingua si trasmette spesso anche all'estero. Un esempio veramente esemplificativo, anche se fuori dalla norma, è dato dai Wolgadeutsche, la cui storia merita di essere raccontata.

 

Per quasi 200 anni, dal 1763 alla fine della seconda guerra mondiale, un gruppo consistente di tedeschi, emigrati in russia su richiesta di Caterina la Grande nativa di Stettino (allora in Prussia), visse sulle rive del Volga, mantenendo lingua, usi e costumi (quelli del 1763) della patria d'origine. E questo nonostante provenissero da ogni angolo della Germania (allora molto più estesa di adesso), quindi con una base di dialetti molto variegata e quattro differenti religioni (erano luterani, riformati, cattolici e mennoniti) che riuscirono a mantenere tutte, e separate.

 

Nella seconda guerra mondiale si schierarono con i tedeschi, e per questo, al termine, i sovietici decisero di disperderne la maggior parte all'interno dell'Unione Sovietica, ostacolando l'utilizzo di usi e lingua tedeschi. Con la caduta dell'URSS, oramai liberi di muoversi, alcuni emigrarono in Nord America, mentre il resto si divise tra chi (oramai integrato grazie anche alla separazione dal gruppo) decise di rimanere e chi invece di "far ritorno" nella madrepatria (la Germania, ovviamente). E' interessante ascoltare, nelle interviste dell'epoca, come dopo oltre 200 anni i più anziani (cioè quelli che fino alla fine della guerra non avevano subito l'ostracismo linguistico dei sovietici) parlassero un buon tedesco, sicuramente un po' arcaico e molto dialettale, ma veramente buono. Questa è una delle principali differenze tra noi ed i tedeschi: loro sono e si sentono un popolo, noi (pur essendolo, ovviamente) spesso non ci sentiamo tali.

 

 

Questa è la situazione attuale delle lingue occidentali: una sola forte, l'inglese. Una in declino (il francese) ed una in forte ascesa (lo spagnolo), una da sempre debole ma "forte di suo" (il tedesco), ed una ex-forte diventata debole (l'italiano). Ciò spiega per buona parte la nostra ossessione, spesso imbarazzante, per la lingua inglese.


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