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Cognomi italo-stranieri - La 2a guerra mondiale

 

Parte 3 – La sconfitta nella seconda guerra mondiale

 

Prima dell’inizio di questo secolo era tacitamente vietato parlare di una nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale: noi l’avevamo vinta anche grazie ai liberatori. E Zara, l’Istria e, a momenti, anche Trieste, erano state forse un regalo propria sponte alla Jugoslavia? Era stata una sconfitta, moralmente redenta dalla guerra partigiana e dalle poche truppe rimaste attive, e da tanto tanto sangue e sofferenze italiane, ma pur sempre una sconfitta, ed adesso si può, quasi sommessamente, iniziare a parlarne (ma andremmo fuori tema, e infatti è solo lo spunto per questa pagina).

 

Dopo l’intervallo fascista, che aveva visto gli italiani e l’Italia alzare la testa nell’ambito del consesso internazionale (in realtà, più che alzarla stavamo infilandola nella merda, ma allora pochissimi al mondo lo capirono), ci ritrovammo nel 1945 davanti a quello che è stato il più povero e disastroso dopoguerra di sempre. Con le valige di cartone legate con lo spago, e spesso le toppe agli abiti, emigrammo con lo sguardo dei perdenti negli occhi (va bene, è un po’ esagerato ma rende l’idea e non vuole irridere la sofferenza di milioni di persone).

 

Così, tra quanto visto nella pagina precedente, una guerra di aggressione persa, e molti di noi costretti ad emigrare per cercare un lavoro in nazioni migliori, ritrovandoci magari in basso nella scala sociale, si radicò in molti un senso di latente inferiorità come nazione, popolo, lingua.

 

Immaginiamo un ipotetico figlio di italiani nato in Francia, diciamo Jean Rossi: diventava per noi (e forse anche per lui) subito Jean Rossì, per paura che chiamandolo Rossi potesse offendersi, quasi volessimo levargli la superiorità raggiunta con l’essere francese ricacciandolo nell’italianità. E questo esempio vale per molte nazionalità.

 


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